di Emanuele Chesi
Ottobre 1922. Mentre i fascisti marciano su Roma e si impossessano del potere, uno dei principali collaboratori di Mussolini, l’ex ferroviere anarchico Leandro Arpinati da Civitella, rinuncia a godersi la gloria della sfilata davanti al re per piangere la morte di un camerata. E’ all’obitorio della Certosa di Bologna a vegliare la salma di Giancarlo Nannini, un amico fraterno che onorerà dando il suo nome alla figlia Giancarla. Il romagnolo Arpinati è il ‘ras’ del fascismo bolognese. Con ferocia e violenza le sue squadracce hanno schiacciato sindacati, socialisti e comunisti. Ma proprio alla vigilia della vittoria il fido Nannini è rimasto sul campo. Mentre è assorto nei pensieri davanti alla salma, un suo vecchio conoscente di Santa Sofia entra trafelato e gli sussurra qualcosa all’orecchio. Arpinati non ci pensa due volte: corre fuori dall’obitorio, raduna un gruppo dei suoi temibili squadristi e parte per la Romagna.
Assedio alla caserma
Nello stesso momento un’altra squadra di picchiatori fascisti, questa volta provenienti dalla Toscana, assedia la caserma dei carabinieri di Rocca San Casciano. All’interno quattro militi con le mani sui moschetti d’ordinanza temono il peggio. Spesso carabinieri e polizia hanno ceduto il passo agli squadristi se non simpatizzato apertamente con loro in odio ai ‘rossi’. Ma non sono mancati neanche scontri e sparatorie quando le forze dell’ordine hanno ‘preteso’ di far rispettare la legge. Come stavolta. I carabinieri, comandati da un coraggioso maresciallo, hanno preso in consegna il sindaco di Santa Sofia, l’avvocato socialista Torquato Nanni, strappandolo letteralmente dalle mani dei fascisti fiorentini, tra i più sanguinari d’Italia. Li comandava Uberto Santini, braccio destro del ‘barone nero’ Dino Perrone Compagni. Ce l’avevano a morte con Nanni perché qualche tempo prima, in qualità di consigliere provinciale (allora quell’area di Romagna faceva ancora parte della provincia di Firenze)aveva commemorato un comunista vittima dei fascisti, pur parlando apertamente della necessità di una ‘pacificazione’ tra le fazioni.
Soccorso nero
I fascisti toscani si erano lamentati della vicenda con Mussolini stesso, sapendo che era un vecchio amico di Nanni — ai tempi in cui il Duce era socialista... — e in pratica avevano chiesto il via libera alla sua eliminazione. Mussolini se l’era cavata con questa risposta: «E’ ben vero che il Nanni fu mio amico e collaboratore all’Avanti e al Popolo d’Italia. Ma se oggi si comporta da nemico dovete trattarlo come tale». Così scattò la punizione punitiva. I toscani piombarono in casa di Nanni a Santa Sofia, lo sequestrano e gli devastarono l’ufficio. Poi lo portarono in Municipio dove misero un teschio sulla sua scrivania. Lo stavano trascinando per la piazza del paese, certo con intenzioni poco amichevoli, quando vennero intercettati dai carabinieri. Che una volta tanto non stettero a guardare. Il sindaco venne così salvato per il rotto della cuffia. Ma il pericolo non era ancora passato. La squadra di Santani non ne voleva sapere di perdere la ‘preda’ e pretese dai carabinieri che gliela rendessero. Il maresciallo fu allora costretto a ripiegare in caserma, in attesa di soccorsi. Che non arrivarono però dalle altre caserme dell’Arma.
Con una corsa in camion a rotta di collo per le strade sterrate dell’epoca, il manipolo di fascisti bolognesi guidato da Arpinati raggiunse Rocca San Casciano appena in tempo. Il ‘ras’ dello squadrismo emiliano che di lì a poco sarebbe diventato sottosegretario agli Interni — in pratica il braccio destro di Mussolini nella gestione dell’ordine pubblico — non aveva abbandonato il vecchio amico Torquato anche se si trovavano su opposte sponde politiche.
Sfida in piazza
Sulla piazza di Rocca San Casciano si affrontarono allora a muso duro due schiere di fascisti, tra i più temuti e determinati d’Italia. Volarono insulti, spintoni e anche qualche cazzotto. Per poco i contendenti non misero mano alle armi ma alla fine Arpinati si impose. Nanni fu liberato e la singolare spedizione fascista in soccorso di un leader socialista si concluse a casa dell’avvocato con una cena romagnola bagnata da epiche bevute di sangiovese.
Il ‘salvataggio’ di Nanni è stato spesso spiegato come un gesto d’amicizia non inusuale in tempi in cui accanto al furore ideologico restavano però i legami personali — basti pensare al singolare rapporto tra Mussolini e il fondatore del partito comunista Nicola Bombacci oppure tra lo stesso Duce e il leader socialista Nenni — ma nella sua monumentale biografia su Mussolini, lo storico Renzo De Felice ha avanzato anche un’altra ipotesi. Nanni e Arpinati erano infatti due fautori della linea di pacificazione tra fascisti e socialisti, forse un’alternativa alla presa del potere violenta e allo strangolamento delle opposizioni. Questa linea, proposta da Mussolini stesso e vista con interesse da una parte dei socialisti, era stata però bocciata clamorosamente dai vertici del partito fascista, tanto che il ’capo’ aveva dovuto battere in ritirata sotto la pressione, tra gli altri, proprio degli squadristi toscani. Per questi ultimi dunque Nanni non era un semplice nemico socialista, era un obiettivo per tagliare l’erba proprio sotto i piedi di Mussolini.
Sangue a Malacappa
Il legame tra Nanni e Arpinati restò saldo per tutto il Ventennio fascista, quando anche le fortune del ‘ras’ tramontarono. Entrato in rotta di collisione col segretario del partito Starace, nel 1933 Arpinati venne allontanato dal potere e addirittura confinato come nemico del regime. Finì poi a gestire un’azienda agricola modello a Malacappa, nelle campagne bolognesi. Lì, in piena guerra, tesseva rischiosissime trame anti-regime col vecchio amico Nanni e col leader repubblicano Tonino Spazzoli. E proprio lì, il 22 aprile 1945, all’alba della Liberazione, l’amicizia tra Nanni e Arpinati venne affogata nel sangue di un’esecuzione ad opera di un commando partigiano. Il barbaro delitto di due nemici del fascismo rimasto per buona parte ancora oscuro.
Ottobre 1922. Mentre i fascisti marciano su Roma e si impossessano del potere, uno dei principali collaboratori di Mussolini, l’ex ferroviere anarchico Leandro Arpinati da Civitella, rinuncia a godersi la gloria della sfilata davanti al re per piangere la morte di un camerata. E’ all’obitorio della Certosa di Bologna a vegliare la salma di Giancarlo Nannini, un amico fraterno che onorerà dando il suo nome alla figlia Giancarla. Il romagnolo Arpinati è il ‘ras’ del fascismo bolognese. Con ferocia e violenza le sue squadracce hanno schiacciato sindacati, socialisti e comunisti. Ma proprio alla vigilia della vittoria il fido Nannini è rimasto sul campo. Mentre è assorto nei pensieri davanti alla salma, un suo vecchio conoscente di Santa Sofia entra trafelato e gli sussurra qualcosa all’orecchio. Arpinati non ci pensa due volte: corre fuori dall’obitorio, raduna un gruppo dei suoi temibili squadristi e parte per la Romagna.
Assedio alla caserma
Nello stesso momento un’altra squadra di picchiatori fascisti, questa volta provenienti dalla Toscana, assedia la caserma dei carabinieri di Rocca San Casciano. All’interno quattro militi con le mani sui moschetti d’ordinanza temono il peggio. Spesso carabinieri e polizia hanno ceduto il passo agli squadristi se non simpatizzato apertamente con loro in odio ai ‘rossi’. Ma non sono mancati neanche scontri e sparatorie quando le forze dell’ordine hanno ‘preteso’ di far rispettare la legge. Come stavolta. I carabinieri, comandati da un coraggioso maresciallo, hanno preso in consegna il sindaco di Santa Sofia, l’avvocato socialista Torquato Nanni, strappandolo letteralmente dalle mani dei fascisti fiorentini, tra i più sanguinari d’Italia. Li comandava Uberto Santini, braccio destro del ‘barone nero’ Dino Perrone Compagni. Ce l’avevano a morte con Nanni perché qualche tempo prima, in qualità di consigliere provinciale (allora quell’area di Romagna faceva ancora parte della provincia di Firenze)aveva commemorato un comunista vittima dei fascisti, pur parlando apertamente della necessità di una ‘pacificazione’ tra le fazioni.
Soccorso nero
I fascisti toscani si erano lamentati della vicenda con Mussolini stesso, sapendo che era un vecchio amico di Nanni — ai tempi in cui il Duce era socialista... — e in pratica avevano chiesto il via libera alla sua eliminazione. Mussolini se l’era cavata con questa risposta: «E’ ben vero che il Nanni fu mio amico e collaboratore all’Avanti e al Popolo d’Italia. Ma se oggi si comporta da nemico dovete trattarlo come tale». Così scattò la punizione punitiva. I toscani piombarono in casa di Nanni a Santa Sofia, lo sequestrano e gli devastarono l’ufficio. Poi lo portarono in Municipio dove misero un teschio sulla sua scrivania. Lo stavano trascinando per la piazza del paese, certo con intenzioni poco amichevoli, quando vennero intercettati dai carabinieri. Che una volta tanto non stettero a guardare. Il sindaco venne così salvato per il rotto della cuffia. Ma il pericolo non era ancora passato. La squadra di Santani non ne voleva sapere di perdere la ‘preda’ e pretese dai carabinieri che gliela rendessero. Il maresciallo fu allora costretto a ripiegare in caserma, in attesa di soccorsi. Che non arrivarono però dalle altre caserme dell’Arma.
Con una corsa in camion a rotta di collo per le strade sterrate dell’epoca, il manipolo di fascisti bolognesi guidato da Arpinati raggiunse Rocca San Casciano appena in tempo. Il ‘ras’ dello squadrismo emiliano che di lì a poco sarebbe diventato sottosegretario agli Interni — in pratica il braccio destro di Mussolini nella gestione dell’ordine pubblico — non aveva abbandonato il vecchio amico Torquato anche se si trovavano su opposte sponde politiche.
Sfida in piazza
Sulla piazza di Rocca San Casciano si affrontarono allora a muso duro due schiere di fascisti, tra i più temuti e determinati d’Italia. Volarono insulti, spintoni e anche qualche cazzotto. Per poco i contendenti non misero mano alle armi ma alla fine Arpinati si impose. Nanni fu liberato e la singolare spedizione fascista in soccorso di un leader socialista si concluse a casa dell’avvocato con una cena romagnola bagnata da epiche bevute di sangiovese.
Il ‘salvataggio’ di Nanni è stato spesso spiegato come un gesto d’amicizia non inusuale in tempi in cui accanto al furore ideologico restavano però i legami personali — basti pensare al singolare rapporto tra Mussolini e il fondatore del partito comunista Nicola Bombacci oppure tra lo stesso Duce e il leader socialista Nenni — ma nella sua monumentale biografia su Mussolini, lo storico Renzo De Felice ha avanzato anche un’altra ipotesi. Nanni e Arpinati erano infatti due fautori della linea di pacificazione tra fascisti e socialisti, forse un’alternativa alla presa del potere violenta e allo strangolamento delle opposizioni. Questa linea, proposta da Mussolini stesso e vista con interesse da una parte dei socialisti, era stata però bocciata clamorosamente dai vertici del partito fascista, tanto che il ’capo’ aveva dovuto battere in ritirata sotto la pressione, tra gli altri, proprio degli squadristi toscani. Per questi ultimi dunque Nanni non era un semplice nemico socialista, era un obiettivo per tagliare l’erba proprio sotto i piedi di Mussolini.
Sangue a Malacappa
Il legame tra Nanni e Arpinati restò saldo per tutto il Ventennio fascista, quando anche le fortune del ‘ras’ tramontarono. Entrato in rotta di collisione col segretario del partito Starace, nel 1933 Arpinati venne allontanato dal potere e addirittura confinato come nemico del regime. Finì poi a gestire un’azienda agricola modello a Malacappa, nelle campagne bolognesi. Lì, in piena guerra, tesseva rischiosissime trame anti-regime col vecchio amico Nanni e col leader repubblicano Tonino Spazzoli. E proprio lì, il 22 aprile 1945, all’alba della Liberazione, l’amicizia tra Nanni e Arpinati venne affogata nel sangue di un’esecuzione ad opera di un commando partigiano. Il barbaro delitto di due nemici del fascismo rimasto per buona parte ancora oscuro.
Nella foto: da sinistra Torquato Nanni, Leandro Arpinati e il repubblicano Tonino Spazzoli,
Canto 91
"Nanni (Torquato) did 3 years with Battista
and wasn't shot till after Salò.
Threw himself in front of friend (Arpinati)
but cd/not save him."
"(Torquato) Nanni fu tre anni con Battisti
ma fucilato fu dopo Salò.
Si gettò davanti all'amico (Arpinati)
ma non poté salvarlo."
Ezra Pound, Cantos, Sezione perforatrice di roccia.
1 commento:
Mi piacerebbe sapere dove è sepolto Arpinati, un fascista anomalo che andrebbe rivisitato perchè uno dei pochi ad opporsi a Mussolini.
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